Moreno Ferrari e la moda dell'armadillo
Abiti come architetture deboli, leggere e trasformabili, prendendo a prestito tecniche di sopravvivenza e pulsioni al nomadismo. Moreno Ferrari, stilista di strada
Una mantella che diventa tenda perché ognuno possa coccolarsi avvolto da una nuova intimità della propria dimora oppure serra per le piante o angolo portatile dove fermarsi in silenzio a pensare; un giaccone che gonfiandosi si trasforma in poltrona; impermeabili che diventano aquiloni per recuperare una fetta di infanzia e avere una possibilità di evasione: ecco la moda di Moreno Ferrari, 50enne stilista e designer di La Spezia, unadolescenza in mezzo a stoffe e scampoli e un percorso professionale intrecciato con gli studi filosofici e la passione per cinema e letteratura. Fondamentali gli incontri con Carlo Rivetti del gruppo tessile GFT e con C.P. Company, che hanno incoraggiato la sua curiosità, dando corpo alle sue creazioni più significative dal punto di vista della sperimentazione.
Ferrari sveste labito e lo ricolloca come oggetto - versatile e trasformabile - e reinterpreta il concetto di casa e rifugio alla luce dei cambiamenti e della flessibilità della società moderna in cui si salva solo chi sa muoversi, chi sa resistere e adattarsi al cambiamento, anche improvviso, drastico. Labito diventa più che mai un guscio, come quello dellarmadillo: una struttura comoda, leggera, flessibile, che sia un tuttuno con la persona, ripari e aiuti ad affrontare il trambusto, la paura e linstabilità.
Alla ricerca di un centro di gravità permanente Ferrari scopre che il centro di tutto sta proprio nella sua assenza e nel conseguente annaspare, sezionare e ricollocare oggetti, luoghi, significati per trovarne delle risposte almeno parziali. Per questo lo stilista parla di abiti come "architetture deboli, leggere, duttili (
) corrispondenti a una condizione che è ontologicamente precaria."
Plastica e divise militari
Il punto di partenza dello stilista ligure è sempre la realtà multiforme, che viene plasmata e ricollocata: dalle immagini del G8 di Genova Ferrari ha fatto sue la diversità delle divise dei migliaia di manifestanti: le tute bianche, i cappucci neri, larcobaleno multicolore, i caschi da moto, da sci, contro i caschi uguali dei poliziotti. Simboli e segni delle diverse idee che animano il movimento, "della forza duttile e dellenergia della biodiversità, contrapposta alla stolidità uniforme". Dallosservazione dellambiente e delle sue esigenze nasce invece la ricerca di soluzioni eco-compatibili, di nuovi modi di riciclare e ricombinare la plastica, per creare "estensioni spaziali del corpo e degli spazi soggettivi". Con uno sguardo alla cronaca dei nostri giorni e ai marciapiedi delle città, Ferrari prende a prestito le strategie di sopravvivenza di profughi, senza tetto e dei nomadi per scelta o per necessità, studiando nuove soluzioni per convivere con la solitudine, subita o cercata. Ed ecco spuntare taccuini incorporati nelle giacche, oppure decine di oggetti daffezione in abiti-dimora.
Progetti per il futuro? Un armadio-valigia, portatile, in cui mettere proprio tutto. Girovagando per la Penisola, Ferrari ha trovato ispirazione in Romagna, tra le vecchie valigie di attori di teatro (nomadi per antonomasia). Sfogliando libri di etologia, poi, si ritrova larmadillo, con il suo guscio capiente, elemento flessibile su un corpo plastico, capace di diventare palla, "la forma più mobile e ludica che esista".