Mannaggia alla Maiella!
Aspra, remota e impressionante. Si trova in Abruzzo uno dei pochi luoghi rimasti in Europa dove provare il piacere sublime del perdersi
![Mannaggia alla Maiella!](maiella/images/mai.jpg)
Capitava di sentirla già subito dopo che, triste, di ritorno dal suo viaggio in cerca del figlio, la dèa Maja si è fermata qui per sempre. Una madre aspra, integerrima, ma pure accogliente e di sorprendente soavità. Ovunque, nei valloni più severi del massiccio alto e solenne, rotondo un centinaio di chilometri, eremi medievali e luoghi di culto preistorici ricordano che è una montagna sacra, da quando esiste il sacro. Da lontano, ben visibile da gran parte dell'Abruzzo, sembra a portata di mano. Man mano che ci si avvicina alle sue pareti torna remota, impressionante, lontana. Enorme.
Sdraiata sulla linea degli Appennini, poco a sud del Gran Sasso, è di questo e degli altri monti un'antitesi. Si va sui monti per vincerli, per raggiungerne le cime e tornare indietro il più in fretta possibile: sono i monti, i maschili. Una volta superata l'erta durissima, nella montagna invece ci si finisce dentro, sembra sempre di tornare anche se è la prima volta, e si apre un mondo rude e solo all'apparenza inospitale, con canyon profondi e bastioni di roccia che sfiorano il migliaio di metri, collere atmosferiche improvvise, altopiani carsici sopra i duemila che ti sembra di stare nelle steppe dell'Asia Centrale, grotte come se piovesse, selve cupe, cascate, più una sessantina di cime. I lupi, le aquile e gli orsi non si sono mai estinti. Qui una volta c'era la grande acqua del mare, ci si siede un momento a inveire su conchiglie, gasteropodi e zanne di pescecane grandi come bambini. Di vere ragioni per andarci non ce ne sono. Ragioni logiche diciamo. Gli escursionisti temono i suoi interminabili sentieri, gli alpinisti non si sentono a sufficienza sfidati. E' uno dei pochi luoghi rimasti in Europa dove si può provare il piacere sublime del perdersi.
![Mannaggia alla Maiella!](maiella/images/ors.jpg)
Il paesaggio è esaltante, gli echi perentori. La fatica poi, e le difficoltà di sopravvivenza accentuano il fervore. Ora c'è chi avrebbe voglia di ridurre la Maiella a emblema, a simbolo del rigoglio della natura selvaggia, ma si trattiene. Quelli che si innamorano di lei non ne parlano per scaramanzia.
E al ritorno, quando si torna, dal basso, dai piccoli paesi incastrati o aggrappati alle rocce dai nomi di ceramica o di legno tornito, di rame e di merletto, si viene rassicurati dal suo nome ripetuto, ecoante, mai accompagnato da invio più greve o volgare di quel Mannaggia che è piuttosto laconico e devozionale ingraziarsi, attenuarsi cerimoniale o singulto pagano, preventivamente liberata la formula da ogni pensiero odioso, che ne guasterebbe certo la carica magica.
tradizioni della maiella
Ti ringrazio molto,
Lucilla del Giudice